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quiQuel giorno c'era una conferenza al museo, un archeologo era venuto per parlarci delle scoperte degli ultimi 50 anni nel territorio, il che interessava anche me dato che stavamo ampliando il campo di peschi e dovevo stare attento a non trovarmi qualche reperto sotto il terreno.
Non era raro che in quelle campagne si trovassero, in effetti: scavando si potevano trovare cose interessanti anche a pochi metri sotto terra, una volta sradicando un albero ormai secco, eravamo andati a circa cinque metro sotto terra per togliere le ultime radici e avevamo trovato un vaso.
In ogni caso, mi interessavo anche di storia e di reperti per hobby personale, quindi ci andavo più con spirito curioso piuttosto che per senso del dovere.
Era ancora vuota la sala di presentazione, a parte qualcuno venuto in largo anticipo come me, così mi scelsi con cura il mio posto e mi posizionai lì, a braccia incrociate, guardandomi in giro di sottecchi.
Mi chiamarono al cellulare: era la mia ragazza. Non la vedevo spesso, e ormai la consideravo più una sorella (cosa brutta e scontata da dire, ma era la verità), e a parte qualche sporadica volta in cui ci vedevamo per stare insieme la notte, ormai la sentivo solo per telefono o ci incontravamo solo in presenza di altri amici, mai soli.
In ogni caso, era una tra le poche persone di cui potevo fidarmi e su cui sapevo di poter contare, ma non mi sembrava granchè parlare per telefono di cose importanti.
Parlammo per un paio di minuti, lei riattaccò dicendo di amarmi, io dissi solo un sì, e tornò il silenzio, mentre un lieve brusio iniziava a riempire la sala.
Iniziava ad arrivare il resto del pubblico.